Ho preparato questo piatto nel pieno della stagione della spremitura delle olive. In Abruzzo ne abbiamo diverse tipologie, tutte eccezionali. E festeggiamo l’evento in maniera tutta nostra. Gli spaghetti alla trappitara, infatti, sono un piatto tradizionale, tipico delle zone collinari e pedemontane, che veniva anticamente offerto ai contadini che portavano le olive a lu trappete (il frantoio) mentre attendevano il proprio turno per la lavorazione del raccolto. Si preparava, ovviamente, con l’olio appena fatto, novello, dal sapore fruttato e saporitissimo.
Lo preparava anche mia nonna con l’olio nuovo. E per questo piatto non ne era certo parsimoniosa, perchè gli spaghetti vanno cotti – così diceva – “con l’olio, non con l’acqua”.
Ingredienti (per 2)
Maccheroni alla chitarra (io, semintegrali), 160 g
Alici o sarde (sotto sale o fresche), 4 / 6 (dipende dalla grandezza)
Peperone dolce secco (ferfellone), 6
Polvere di peperone dolce (ferfellone), due cucchiaini
Aglio rosso di Sulmona, 2 spicchi
Peperoncino (facoltativo), q. b.
Prezzemolo, un rametto
Olio evo (novello), abbondante
Sale, q. b.
Procedimento
Portate a bollore una pentola di H2O, salatela e lessate la pasta. Tritate il prezzemolo.
Versate in una padella abbondante olio evo, unite l’aglio in camicia schiacciato e fate rosolare. Quando l’olio sarà caldo, unite i ferfelloni. Li potete tagliare ad anelli o unirli interi. In ogni caso, bastano pochi secondi affinché si tostino. Tirateli quindi velocemente su insieme all’aglio con un ragno e non fateli bruciare. Mettete i ferfelloni da parte e tali raffreddare, affinchè diventino croccanti. Buttate l’aglio.
Aggiungete all’olio le alici (se sotto sale, dissalate; in ogni caso, deliscate) spezzettate con le dita, la polvere di peperone e fermate la cottura con un mestolo di acqua di cottura. A fuoco dolce, mescolate il condimento affinchè l’acqua evapori e si formi una salsa. Una volta che si è formata la cremina, spegnete il fuoco sotto la padella e unite il prezzemolo tritato.
A parte, sbriciolate i ferfelloni tostati o spezzettateli col coltello o al mortaio.
Scolate la pasta e unitela al condimento, se serve mantecandola con un altro po’ di acqua di cottura. Aggiungete anche i ferfelloni tritati (tenetene qualcuno da parte per la decorazione) e il prezzemolo.
Completate la mantecatura facendo saltare la pasta e servite, guarnendo con un po’ di prezzemolo e i ferfelloni sbriciolati rimasti.
Sai che pure avendone sentito parlare non ricordo di averne mai mangiati oppure non ricordo. Pensa che mio padre va spesso a dare una mano a raccogliere le olive. Sta di fatto che apprezzo tanto che tu proponga i piatti della tradizione e mi stai facendo venire una gran voglia di prendere un libro sulla cucina tipica Abruzzese. Buongiorno Roberto!
Ogni tanto mi piace l’idea di riproporli, specie perchè la cucina abruzzese è poco conosciuta. Tutti pensano agli arrosticini, ma c’è tanto altro che merita di essere provato.
Chiedi a tuo padre se li ha mai assaggiati 🙂
Come no – chiedo ad entrambi 😀 E cmq hai ragionissimo: triste sentire che la cucina Abruzzese sia ricordata solo per gli arrosticini. Al quanto riduttivo.
Senza contare il parrozzo 😉
Anche la Liguria è terra di ottimo olio, e anche lì si celebra l’olio nuovo con piatti semplici, dove far esaltare tutta la fragranza della spremitura. Questa ricetta è per me inedita, e dev’essere deliziosa
E’ una ricetta davvero molto facile, creata con ingredienti, come da tradizione, poveri. Però merita di essere assaggiata. E l’olio ovviamente fa la differenza. Per me poi è fonte di tantissimi ricordi, cui sono molto affezionato
Ho notato che il sapore dell’olio del paese di origine si abbandona con grande difficoltà
Perchè è il primo sapore cui ci si abitua, secondo me. In fondo, tutto il cibo viene condito con olio. A me per esempio il sapore dell’olio abruzzese, specie se novello di frantoio, pungente, denso, piace da morire. Il ligure è l’opposto. E’ cattivo? No, anzi, è un’eccellenza italiana. Però non è quello cui sono abituato
Non c’è dubbio che i sapori a cui ci abituiamo da subito restino i più graditi. Quanto all’olio, mi colpisce (non da ora) l’armonia con il cibo locale. Gli oli intensi sono specifici di regioni dove la cucina è sapida e condita, quelli delicati dove la cucina è più leggera e delicata.
Confermo. In effetti la cucina abruzzese non è nota per la sua “leggerezza”
Sì, ma in ogni senso. Immagina un pesto, che deve tutto il suo profumo al basilico, o a un’orata o un branzino belli freschi, dove apprezzare tutta la delicatezza del mare. L’olio ligure li accompagna con gentilezza, un altro olio, pur ottimo, potrebbe coprirli del tutto.
Sai che mi piacerebbe provare? A fare un percorso di degustazione di olio.
Non ne conosco, ma mi è capitato qualche ristorante con la carta degli oli
Davvero? Non ne avevo mai sentito parlare…
In Piemonte, sono veri buongustai