La parola cucina è oggi sinonimo di ricerca, sensibilità, raffinatezza e cura del particolare. Per taluni è l’espressione di forma d’arte. Per altri è assaggiarla.
Altra natura possedeva la cucina degli antichi, quella cucina casalinga che oggi riscopriamo nella sua essenza più pura: forma di esaltazione delle tradizioni regionali, segno d’identità d’una cultura ancestrale; primariamente, di una Nazione.
Cosa l’ha resa grande? Penso certo alla sua naturale semplicità, alla sua infinita modalità espressiva, la capacità di insaporire l’ingrediente più povero, sino a creare piatti talora degni d’un nome famoso nel mondo. Ma credo anche che un ruolo fondamentale abbia avuto il fatto che il modello della gastronomia italiana regionale, la cucina per la famiglia, la cucina del quotidiano, abbia avuto, in sé, un’intrinseca duttilità, la versatilità di porsi come fedele ancella della ricerca del sapore, umile al servizio del palato.
La tradizione come ricerca, insomma.
Il suo ruolo? Non solo offrire ricette – innumerevoli fantastiche ricette, figlie della cultura d’ogni territorio, d’ogni paese, d’ogni casa – ma consentire una lenta rilettura della storia, della nostra storia, e della storia degli ingredienti che circondano la nostra vita. Il che insegna, in sintesi, che ogni esperimento è soprattutto domestico. Che tutto può iniziare dalle mura di casa. Per questo, prima di cucinare occorre mettere a nudo i rischi estremi della tecnica, ma allo stesso tempo liberarsi delle facili scorciatoie offerte non solo da internet o dalla rete, ma anche da un modello dietetico imposto dalle varie diete di moda al momento. Come? Strano per un blog di cucina, ma… non ci sono ricette. Basterebbe confrontare più blog, non solo i siti principali, ma anche i meno famosi, scorgendo l’occhio di chi cucina per amore, per i propri cari, e pubblica e posta senza pretese di giungere a tutti, ma felice anche solo della speranza di influenzare un solo lettore. Cercare il guizzo, la novità, l’intuizione. E poi naturalmente studiare. Anche la cucina è una scienza. Ed anzi, dalla scoperta del fuoco, di certo la più antica.
Insomma prima lo studio (il riconoscimento della materia prima, la conoscenza della tradizione), poi la possibile novità: coraggio sereno e consapevole di un nuovo ingrediente o di una nuova preparazione. Guardando avanti, e con la curiosità, di sperimentare.
Ingredienti (per 2)
Spaghetti, 180 g
Curcuma, un cucchiaino e mezzo
Asparagi selvatici, 200 g
Carciofi, 2, compresi i gambi
Limone, 1
Olio evo, q. b.
Sale, q. b.
Procedimento
Per prima cosa preparate i carciofi, eliminando le foglie esterne, privandoli della barbetta interna e pelando i gambi. Immergeteli in una ciotola d’acqua acidulata con un limone (uno intero tagliato a metà) per evitare che anneriscano.
Portate a ebollizione una pentola con abbondante H20. Salate e cuocete i carciofi per circa 40′ (ma se sono piccoli, potrebbero bastarne meno), fino a quando saranno teneri.
Scolateli e, in quella stessa acqua, versate gli spaghetti.
Nel frattempo, frullate i carciofi in un mixer ad immersione. Se la crema è troppo densa, aggiungete un mestolino di H20 di cottura. Aggiungete anche una zesta di limone per il profumo e, naturalmente, regolate di sale.
A questo punto occupatevi degli asparagi. Tagliateli a rondelle, lasciando intatte le punte, e rosolateli in padella con un filo d’olio per 3′, aggiungendo due cucchiai di acqua di cottura.
A cinque minuti dalla fine del tempo di cottura, mantecate gli spaghetti in padella con un mestolo d’acqua di cottura e la curcuma. Mescolate vigorosamente per creare una cremina sfruttando l’amido contenuto nella pasta.
Impiattate ponendo sopra uno specchio di crema di carciofi gli spaghetti alla curcuma e decorate con il crumble di asparagi selvatici.
Ho tutto per replicare la tua ricetta.
Siamo contenti tu l’abbia provata! Com’è venuta? 🙂
Purtroppo non mi è stato possibile, dovrò aspettare di raccogliere di nuovo gli asparagi, ti farò sapere.